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[il mulino di Hermann]
Hugo - Il fanciullo si trovava davanti a una cosa di cui si aveva cura. Quell’uomo era evidentemente prezioso. Non ci avevano tenuto a mantenerlo vivo, ma ci tenevano a conservarlo morto.[1]
L’opera d’arte non è il disvelamento del bello, ma il disvelarsi della verità
...
E le scarpe sarebbero un “mezzo” per arrivarci…?
Sarà pur vero per delle scarpe assolute, ma con delle scarpe “da contadino” anche la verità prende in carico le medesime determinazioni del mezzo occorso per raggiungerla.
Poiché non esiste il contadino in generale più di quanto possano esistere delle scarpe in generale, lo stare del contadino nelle sue proprie scarpe è sempre uno stare determinato nello spazio e nel tempo della storia; dove anche le sue scarpe (siano pure ciocie da zampognari abruzzesi[2]) sono il risultato di un determinato modo di produrle regolato, in generale, da quegli specifici rapporti economici che sono divenuti dominanti in una determinata epoca.

Ritengo (sono sempre l’illustratore impressionista, lo stenografo non giurato e non autorizzato, giusto?) che Heidegger nel 1936 abbia “messo in mezzo” il quadro di van Gogh per arrivare ad “un’altra cosa” (per niente metafisica); con ciò quest’opera di pittura è divenuta il mezzo del mezzo di un mezzo.
In questo confessato rincorrersi (prendersi) in circolo (in giro) della cosa (mera) e del mezzo (mero) per afferrare la verità per la coda, deve pur esserci un centro; e affinché tutto possa mantenersi immutabile e ruotare in eterno, tale centro deve mantenersi occulto, occultato e magari da occultare (dal disvelare al rivelare - nel senso di tornare a velare, velare nuovamente).

Rimpannucciato di mito e anelito, tra campi ed orti, dietro lo scudo silvano della Verità avanzava forse una Germania dominata dalla cupa metafisica di un legame originario del sangue con la zolla? 
E’ allora troppo azzardato dire che, spogliato da ogni malizia filosofica, l’ideale “pratico” di questo “tornare” all’origine non riguarda il semplice passato dell’uomo (l’infanzia della civiltà, con le sue saghe e iddii)[3], ma lo specifico passato legato all’economia contadina, agreste e carica di salute, soprattutto ordinata nobiliarmente nel suo assetto gentilizio e feudale? Insomma, far girare al contrario le pale del mulino nell’illusione di riagglutinare l’impiastro delle sopravvivenze nobiliari del latifondo, che lo junker (abitando appunto vicino a questa sua propria origine) difficilmente accetta di abbandonare al moderno capitale mobile, industriale e finanziario.[4]
Che poi questa possibilità sia soltanto una illusione del progetto, è il meno peggio di quanto può invece accadere nell’attualizzarla, o nel tentare di attualizzarla, concretamente, puerilmente.  

A partire dalla metà del XIX secolo, il romanzo tedesco reagisce in maniera allergica a mutamenti di carattere decisivo, quali l’inurbamento e la industrializzazione; i pronipoti di Wilhelm Meister ritornano alla terra, dove ‘terra’ è identico con le presunte forze eterne e divine della natura e del popolo, con origine.[5] 

Epidemia delle “origini” allora, epidemia delle “radici” ora...
E vi prego! fate che queste “origini”, radicate nel cuore d’Europa come le sue patate, siano una volta per tutte proclamate pure “cristiane”: cosicché tutti finalmente possano sapere da che cosa debbono proprio darsela a gambe.[6]

[1] - Victor Hugo, L’uomo che ride, cit. p. 57.
[2] - Significativamente risuolate, queste italiche calzature, con i copertoni delle ruote delle automobili. Un mezzo (le scarpe) tratto da un mezzo (i copertoni delle ruote di auto-mobili)...
[3] - “Entusiasti ingenui, germanici di sangue e liberali di seconda mano, cercano la storia della nostra libertà al di là della nostra storia, nelle teutoniche foreste vergini. Ma in che cosa si distingue la storia della nostra libertà dalla storia della libertà di un cinghiale, se essa si può trovare solo nelle selve? Inoltre è notorio: le stesse parole che si mandano ad alta voce nel bosco, ne ritornano come l’eco. Perciò, pace alle teutoniche foreste vergini” [Marx, Critica della filosofia del diritto di Hegel, in Scritti politici giovanili, ediz. Einaudi, Torino 1975, p. 397].
[4] - Vedi in Materiali (sotto) il discorso pronunciato August Bebel al IV Congresso del partito socialdemocratico, svoltosi a Colonia dal 22 al 28 ottobre 1893.
[5] - Franz Schonauer, La letteratura tedesca del terzo Reich, Sugar editore, Milano, 1962.
[6] - “La critica della religione si conclude nella dottrina secondo cui per l’uomo l’essere supremo è l’uomo stesso, cioè finisce nell’imperativo categorico di rovesciare tutti i rapporti in cui l’uomo è un essere umiliato, assoggettato, abbandonato, spregevole, rapporti che non si possono raffigurare meglio che coll’esclamazione d’un Francese a proposito d’una tassa in progetto sui cani: - Poveri cani! Vogliono trattarvi come se foste degli uomini!” [Marx, Scritti politici giovanili, cit. p. 404]
- Intorno al cruccio dell’origine, cfr. anche K. Marx, in Materiali, qui sotto.






MATERIALI § [ il mulino di Hermann ]
Nota 4 -  “Dalla foresta nera del Baden giunge la notizia che il principe von Fürstenberg compera a dozzine i terreni e le cascine dei contadini, per poi far distruggere o mandare in rovina le coltivazioni e trasformare tutto il terreno in bosco. La stessa attività viene praticata in Sassonia dal conte von Waldenburg, e, più in generale, da tutti i proprietari fondiari dell’intera Germania. Ad Abnaundorf, un villaggio nelle vicinanze di Lipsia, il dottor von Frege, ex candidato conservatore al Reichstag, si è preoccupato con tanta solerzia della “salvezza dei contadini” che, delle parecchie dozzine di piccoli possedimenti che una volta costituivano il patrimonio di Abnaundorf, oggi ne rimangono soltanto due; tutti gli altri terreni sono stati comperati dal dottor von Frege allo scopo di arrotondare i suoi propri possedimenti”. [August Bebel, Socialdemocrazia e antisemitismo, in Il marxismo e la questione ebraica, Edizioni del Calendario, Milano 1972, pag. 297]
Nota 6 - “Un ente si stima indipendente solo appena sta sui suoi piedi, e sta sui suoi piedi appena deve la propria esistenza e sé stesso. Un uomo che vive per grazia di un altro si considera un essere dipendente. Ma io vivo completamente per grazia di un altro quando non solo gli sono debitore del mantenimento della mia vita, bensì anche quando è esso che ha creato la mia vita, quando esso è la fonte della mia vita; e la mia vita ha necessariamente un tale fondamento fuori di sé quando essa non è mia propria creazione. La creazione è quindi una rappresentazione molto difficile da scacciare dalla coscienza popolare. La sussistenza per opera propria della natura e dell’uomo le è inconcepibile, perché contraddice a tutte le evidenze della vita pratica.
La creazione della terra ha ricevuto un potente colpo dalla geognosia, cioè dalla scienza che descriva la formazionedella terra, il divenire geologico, come un processo di generazionespontanea. La generatio equivoca è l'unica confutazione pratica della teoria creazionistica.
Ora è facile, in verità, dire al singolo individuo ciò che dice già Aristotele: tu sei generato da tuo padre e da tua madre, dunque l’accoppiamento di due esseri umani, un atto generatore di uomini, ha prodotto l’uomo in te. Vedi dunque che l’uomo è debitore, anche fisicamente, della sua esistenza all’uomo. Tu non devi, perciò, tenere d’occhio soltanto uno dei due aspetti, il progresso all’infinito, per cui poi chiedi chi abbia generato mio padre, e chi suo nonno eccetera. Tu devi anche ritenere il movimento circolare ch’è visibile in quel progresso, e secondo cui l’uomo nella generazione ripete se stesso, e dunque l’uomo resta sempre il soggetto. Ma tu mi risponderai: concessoti questo movimento circolare, concedimi il progresso che mi porta più oltre, fino a che mi domando: chi ha generato il primo uomo e la natura in genere? Io posso soltanto risponderti: che la tua domanda stessa è un prodotto dell’astrazione. Domanda a te stesso come tu sia giunto a quella domanda; domandati se la tua domanda non provenga da un punto di vista a cui non posso rispondere perché assurdo. Domandati se quel progresso come tale sussista per un pensiero razionale. Quando tu t’interroghi sulla creazione della natura e dell’uomo, tu fai astrazione, dunque, dall’uomo e dalla natura. Tu li poni come non-esistenti, e tuttavia esigi ch’io te li dimostri esistenti. Io ora ti dico: rinuncia alla tua astrazione, e rinuncia così alla tua domanda; oppure, se vuoi mantenere la tua astrazione, sii conseguente, e se pensando l’uomo e la natura come non-esistenti, pensi, pensa anche te stesso come non-esistente, ché anche tu sei tuttavia natura e uomo.
*
Non pensare, non chiedermi, giacché, appena tu pensi e chiedi, il tuo astrarre dall’esistenza della natura e dell’uomo non ha più senso. O sei tu un tale egoista da ridurre tutto a nulla e volere tu parimenti essere?
Tu puoi replicare: io non voglio l’annullamento della natura etc.; io t’interrogo circa il suo atto d’origine, come interrogo l’anatomico sulla formazione delle ossa etc.
Ma poiché, per l’uomo socialista, tutta la cosiddetta storia universale non è che la generazione dell’uomo dal lavoro umano, il divenire della natura per l’uomo, così esso ha la prova evidente, irresistibile, della sua nascita da se stesso, del suo processo di origine. Poiché è divenuta praticamente sensibile e visibile l’essenzialità dell’uomo e della natura, ed è divenuto praticamente sensibile e visibile l’uomo per l’uomo come esistenza naturale e la natura per l’uomo come esistenza umana, risulta praticamente impossibile la questione di un ente estraneo, di un ente al di sopra della natura e dell’uomo; questione che implica l’ammissione dell’inessenzialità della natura e dell’uomo. L’ateismo, come negazione di questa inessenzialità, non ha più senso, perché esso è una negazione di Dio e pone l’esistenza dell’uomo mediante questa negazione. Ma il socialismo come tale non abbisogna più di questa mediazione: esso parte dalla coscienza sensibile teorica e pratica dell’uomo e della natura come l’essenziale. Esso è la positiva coscienza di sé, non più mediata dalla soppressione della religione, che ha l’uomo; come la vita reale è la positiva realtà dell’uomo, non più mediata dalla soppressione della proprietà privata, dal comunismo. Il comunismo è la posizione come negazione della negazione, e perciò il momento reale – e necessario per il prossimo sviluppo storico – dell’umana emancipazione e restaurazione. Il comunismo è la forma necessaria e l’energico principio del prossimo avvenire; ma esso non è come tale il termine dell’evoluzione umana – la forma dell’umana società”
[Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844 – Terzo manoscritto, in Opere filosofiche giovanili, Editori Riuniti, Roma, maggio 1969, pag. 234-235]
* - A questo punto mi “scappa” nuovamente uno sviluppo parafrastico del passo di Marx: “Quando tu t’interroghi sulla creazione dell’arte e dell’opera d’arte, tu fai astrazione, dunque, dall’arte e dall’opera d’arte. Tu li poni come non-esistenti, e tuttavia esigi ch’io te li dimostri esistenti. Io ora ti dico: rinuncia alla tua astrazione, e rinuncia così alla tua domanda; oppure, se vuoi mantenere la tua astrazione, sii conseguente, e se pensando l’arte e l’opera d’arte come non-esistenti, pensi all’arte, pensa anche il tuo pensiero stesso come non-esistente…” ... Non regge? ... Peccato.
VALIGIE
parte seconda H.D.S. MAROQUINERIES